Il lavoro che precede l’avvio di un percorso di allenamento è fatto di studio e compilazione di una programmazione adeguata che rispetti le esigenze del soggetto e al tempo stesso sia coerente con i meccanismi fisiologici che circoscrivono l’adattamento del corpo, nonché, i risultati dell’allenamento stesso.
Questa fase è quella che può determinare per un buon 70% il raggiungimento dell’obiettivo prefissato poiché si tratta di un lavoro svolto con criterio e razionale in ottica scientifica ma soprattutto individuale: questo significa che di base ci deve essere la valutazione del soggetto insieme ai test che possano indicare il punto da cui si parte, la condizione iniziale.
Proprio la condizione iniziale può essere una guida nello scegliere il numero ideale di allenamenti settimanali: per i neofiti infatti due sessioni settimanali sono sufficienti affinché lo stimolo dell’allenamento sia efficace e non invasivo, dunque, non deve portare sin da subito a stati infiammatori a livello muscolare che possano poi bloccare il percorso già agli esordi, al contrario, deve consentire un adattamento sempre progressivo e graduale (che è il principio base delle scienze motorie).
Esistono poi persone che presentano un background già ben formato, che possono sottoporsi a 3-4 sessioni settimanali, sempre dipendentemente dal tipo di allenamento e dall’intensità dello stesso, fino ad arrivare agli atleti professionisti che possono allenarsi anche due volte nello stesso giorno.
Si intuisce quindi che non esiste un numero ideale di sessioni settimanali ma è necessario contestualizzare questa variabile a tanti fattori, tra cui, come già detto, condizione iniziale, background motorio, ma anche stile di vita e lavoro sono aspetti da tenere in considerazione: se il soggetto svolge un mestiere sedentario avrò bisogno di rallentare un po’ la progressione del carico, a differenza di chi già si mantiene attivo e presenta un organismo più predisposto allo sforzo e alla fatica.
Determinare il numero ideale di allenamenti settimanali è una scelta che rispetta uno dei meccanismi di adattamento dell’organismo, quello della supercompensazione.
Questo concetto ci permette di capire che uno stimolo allenante sotto- o sovra- soglia può avere degli effetti negativi: se l’allenamento è poco frequente e costante (un allenamento ogni due settimane, per intenderci) o troppo frequente (7 giorni su 7 senza che l’organismo sia pronto a sostenere questo carico), avrà ripercussioni rispettivamente nulle nel primo caso o negative (overtraining, traumi, infiammazione cronica) nel secondo.
Ricordiamo che senza un recupero adeguato, il corpo non è predisposto ad accogliere un altro stimolo allenante ed è per questo che il sovra-allenamento non consente un buon raggiungimento di risultati!
Ecco dunque che diventa importante anche imparare ad ascoltare il proprio organismo quando ci si allena: se sorgono alcune problematiche quali disturbi del sonno, inappetenza, aumento del battito cardiaco medio, emicrania, abbassamento della temperatura corporea e perdita di motivazione, vuol dire che l’organismo è impegnato nell’elaborazione dello stimolo dell’allenamento e che si trova in fase di recupero. In questo caso è bene anche saltare l’allenamento dedicarsi ad attività quali rilascio miofasciale con il foam roller, stretching e, a livello alimentare, integrare con maggiori quantità di carboidrati può essere una soluzione per consentire tutti i meccanismi molecolari alla base della ricostituzione muscolare oltre che al ripristino delle riserve di glicogeno.
Anche affidarsi completamente alla programmazione iniziale quindi non è sufficiente, in quanto, il nostro corpo è soggetto non solo a stimoli allenanti ma anche ad altri che riguardano la sfera lavorativa ed emotiva (immaginiamo un periodo di stress, in cui alcuni parametri sono suscettibili a forti modificazioni, come il battito cardiaco e il rilascio di alcuni ormoni come il cortisolo)!
La strategia vincente in ultima analisi è quella di integrare il progetto iniziale con delle verifiche costanti che permettano di modulare gran parte delle variabili dell’allenamento, tra cui la frequenza settimanale che incide sul ripristino dell’omeostasi dell’organismo, nonché nel raggiungimento di quell’equilibrio dinamico tale da poter accogliere nuovi stimoli che consentano il progresso.
A tal proposito, monitorare la variabilità della frequenza cardiaca può essere un’arma vincente!
La variabilità della frequenza cardiaca, o HRV (Heart Rate Variability) ci indica quanto il nostro cuore varia la frequenza al minuto dei battiti: a differenza di quanto si può pensare un’alta variabilità di frequenza cardiaca è un parametro positivo poiché si traduce nella capacità del cuore di adattare il numero di battiti al minuto in base alle esigenze delle richieste che il corpo riceve, e quindi, questo vuol dire avere un sistema nervoso “recettivo”, pronto a svolgere i compiti che si presentano, tra cui, l’allenamento stesso.
Esistono diverse apparecchiature su cui monitorare l’HRV e se si vuole svolgere un allenamento a tutti gli effetti con criterio, questo è un mezzo che consente di monitorare con precisione i risultati e l’andamento dei progressi.
Per sintetizzare dunque, la scelta della frequenza dell’allenamento passa sempre da numerose valutazioni, sia iniziali sia in corso d’opera ed è sempre una scelta “pro-salute” quella di affidarsi a professionisti del settore in grado di monitorare e decidere quale sia il percorso più adatto.
Dott.ssa Angelica Roselli - Personal Trainer
Nata a Corato (Ba), classe 1995, ha sempre coltivato sin da bambina la passione per il benessere che ritrova come un porto sicuro nello Sport e nella Natura. Ex atleta di Karate, laureata in Scienze Motorie per la Prevenzione e la Salute, attualmente lavora come Personal Trainer presso Studio Isochinetik (Corato). Si dedica nei weekend ad escursionismo ed avventure naturalistiche nel territorio del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Puglia).